
L’altro giorno leggevo con
sincero strazio l’ennesima lamentazione della senatrice
Anna Serafini per il fatto che nessuno se la fila come senatrice Serafini, ma solo come “
moglie di”. Nella fattispecie, di
Piero Fassino. Stavo quasi per commuovermi per lei e, che so, inviarle un telegramma di solidarietà, quando un amico mi ha mostrato il cartoncino d’invito alla
presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa. Piu’ che una presentazione, un gineceo.
Cito testualmente i
nomi delle partecipanti: “Azzurra Caltagirone Casini, Luisa D’Orazi Marini, Lella Fagno Bertinotti, Alma Maria Ioni Forlani, Barbara Palombelli Rutelli, Anna Maria Scarinzi De Mita, Anna Serafini Fassino, Mariapia Tavazzani Fanfani, con Giulio Andreotti”, che non sarà una signora, ma è pur sempre un tipo. Il tutto, alla presenza dell’autore, si svolgeva a Roma nella sala del Mappamondo di Palazzo Venezia, dove il
Duce dal balcone arringava le folle in delirio e sotto il tavolo nascondeva le sue amanti.
Ora, per carità, ciascuno è libero di fare quel che gli pare. Ma, dico io: se una signora accetta di farsi intervistare sul suo
menage col marito famoso, di raccontare come lava bene le stoviglie o con che cura si rifà il letto, per non parlare di tutti quei peli del naso lasciati nel lavandino e di tutti quei capelli sparpagliati sul cuscino, e poi va pure a presentare il libro con l’imperdibile intervista mescolata con quelle ad altre “mogli di” e “amanti di”, e accetta financo che il cartoncino d’invito la indichi col cognome del marito
perché con quello da signorina non la conosce nessuno, con quale faccia la signora medesima può poi lamentarsi se non riesce a brillare di luce propria, ma solo di
luce riflessa e se tutti la considerano solo per il cognome acquisito dopo il matrimonio?
Da quando hanno sposato uomini pubblici, le signore
Fanfani,
De Mita,
Forlani,
Bertinotti,
Marini,
Fassino,
Rutelli e
Casini sanno benissimo di non essere donne qualsiasi. Conoscono benissimo gli onori e gli oneri del nuovo status. E dovrebbero prevedere che certi loro atteggiamenti si riverberano inevitabilmente sull’immagine dei rispettivi, illustri consorti.
Se la sora Lella Bertinotti fa vita mondana e racconta ai giornali (
se è vero quel che raccontano i giornali) che si scambia le mutande con
Valeria Marini, forse il coniuge Fausto, noto rivoluzionario, non ne trae un gran giovamento.
Se la signora Rutelli lavora per la Rai e il marito fa il vicepremier in un sistema dove la politica è l’editore della Rai, non è il massimo dell’eleganza; ma è
ancor meno elegante andare a lavorare a Mediaset ricevendo lo stipendio dal capo dell’opposizione al governo del marito.
Se poi tutte le mogli presenti su piazza, che abbiano impalmato leader di destra o di centro o di sinistra, si recano in massa a presentare il libro del
più celebre allestitore di inciuci che la storia ricordi, qualche cittadino – vedendo sui giornali la terrificante foto di gruppo – potrebbe persino pensare che il
governissimo destra-sinistra è alle porte. Anzi, è già cosa fatta. Solo che,
una volta tanto, le mogli hanno preceduto i mariti.